La carezza dell’alba in una notte rischiarata

Non c’è miglior tempo per una visita alla Pinacoteca Züst di Rancate che lo scorrere delle prossime settimane agostane. L’invito è rivolto a tutti coloro che avranno qualche momento da spendere in Ticino, tra una passeggiata in montagna e un tramonto al lago, ma soprattutto ai più vicini, ai ticinesi stessi che non vorranno perdere un’occasione unica di vedere o rivedere con occhi nuovi la loro Pinacoteca.

Un concerto a tre voci

Turisti provenienti dall’Italia, dalla Svizzera o dalla Germania, in questa mostra alla Züst troveranno, infatti, un punto straordinario d’unità delle proprie culture, vista la silloge presentata di dipinti ticinesi, oreficeria tedesca e reperti archeologici italiani. In scena, come ricorderanno i nostri lettori (GdP del 18 marzo), c’è il meglio della raccolta di Giovanni Züst, dalla cui donazione è nata l’omonima Pinacoteca. Intorno ai dipinti normalmente ospitati ed esposti a Rancate, per i 50 anni del museo, sono stati raccolti i più importanti esemplari degli altri due nuclei della sua collezione, da lui donati al Museo Storico ed Etnografico di San Gallo (GdP del 9 luglio) e all’Antikenmuseum di Basilea, sua città natale (GdP del 18 giugno).

Una raccolta centrifuga

È l’occasione per cogliere le connessioni interne alla mente del suo collezionista, disparato nelle scelte ma, via via, attento a costituire tre nuclei omogenei e più possibilmente completi, da donare ai rispettivi musei. Un’operazione che nel suo complesso ha da dire moltissimo sull’importanza del collezionismo privato attento al bene pubblico e che può essere ancora oggi di esempio. Quello che emerge dalla mostra non è il frutto di un raccogliere autoreferenziale o eccentrico, ma di un ordinato, e ben consigliato, lavorio di acquisizione. La decisione di utilizzare gran parte delle proprie risorse per attorniarsi di meravigliose opere d’arte in vita, si è declinata in una pianificata operazione di collezionismo che prevedeva il lascito finale alla collettività, ossia un “dopo” all’altezza del “durante”. Non c’è nulla di egocentrico nel collezionismo di Züst, è un’operazione che nasce centrifuga, non centripeta. Un moto d’intelligente generosità insomma, capace di dar vita alla Pinacoteca di Rancate, imprimere una spinta decisiva alla nascita del Museo di Basilea e arricchire di una sezione fondamentale il museo di San Gallo. A prova di questa mancanza di personalismo c’è la scelta stessa di dividere la raccolta, seminando cultura in tutta la Svizzera anziché fare della Pinacoteca Züst un unico museo-mausoleo della sua persona. Una scelta che si è dimostrata oltremodo vincente per la stessa Pinacoteca, che dal nucleo originale ha potuto svilupparsi virtuosamente in mostre temporanee, studi scientifici, ma soprattutto compiendo acquisizioni e stimolando donazioni che l’hanno in questi anni intelligentemente arricchita.

La pittura illuminata

La presenza dei bellissimi argenti e reperti archeologici romani ed etruschi permette di comprendere con maggior sincera evidenza la grandezza della collezione pittorica della Züst. Proprio mentre prova il suo carattere totalmente ticinese, apparentemente molto distante dai manufatti che occupano le vetrine centrali, la pittura mostra tutta la sua forza internazionale e le tre “voci” si trovano a cantar alto senza sbavature. Non si tratta di cercare nessi puntuali tra la scena descritta in un vaso della Magna Grecia e quella stesa in punta di pennello in una delle tele seicentesche, ma di cogliere come la grandezza locale delle storie raccontate dimostri una capacità narrativa universale. La pittura ticinese, qui rappresentata ai suoi massimi livelli qualitativi dal Seicento all’Ottocento, non ha nulla di provinciale da farsi perdonare ed esprime anzi, in alcuni casi, una qualità europea che non teme confronti. È il caso naturalmente del crepitante e, giustamente, celeberrimo San Pietro di Giovanni Serodine, su cui ci è capitato anche recentemente di soffermarci, ma anche delle splendide tele di Giuseppe Antonio Petrini, anch’egli presente con il vertice della sua produzione. A questi capolavori si affiancano alcuni nuclei fondamentali per comprendere la pittura lombarda, come l’intima raccolta di dipinti firmati da Antonio Rinaldi, vera spugna delle contraddittorie tendenze della sua epoca, tesa tra romanticismo e intimo realismo.

Un regalo a chi resta

Certo nessuno storico dell’arte, nessun archeologo, o semplice appassionato di cultura, dovrebbe perdere la possibilità di questa visita. Ma l’occasione, io credo, si fa specifico dono, per coloro che, in un tempo in cui, per molti, si allenta la morsa dell’impiego quotidiano, non avranno potuto abbandonare i crocicchi dei borghi declinati al di qua del Gottardo, dovendo, per i più disparati motivi, trascorrere il tempo del riposo entro le porte di casa. È loro che immagino ritagliarsi qualche ora per passeggiare tra queste sale, staccandosi per un momento da quel lavoro che non si è potuto fermare, o stemperando per un po’ la discreta, ma in questi giorni più che mai tangibile, indigenza che gli ha impedito di partire. Queste pareti, tanta bellezza e storia, attendono gli uomini e le donne stretti alle proprie terre, cui spetta la semplice accettazione della bellezza del proprio spazio quotidiano, magari presi dalle necessità di un genitore malato, di un parente o amico bisognoso.

Ecco, è a loro che auguriamo una visita per guardare, e lasciarsi guardare da questi quadri, dalla storia dimessa e a volte greve raccontata dallo Spazzacamino piangente o dal Muratore di Rinaldi ma, soprattutto, dall’opera vera e sublime del Petrini. È, infatti, il più grande pittore ticinese del Settecento che accoglie e accompagna con più fratellanza il visitatore: senza potersi staccare dalla verità naturale del suo popolo, spetta a lui il tentativo di regalare al suo David, alle sue Madonne, ai suoi giovani e vecchi Evangelisti, una nobiltà d’animo che li rende dolci compagni di una notte senza stelle, ma in cui il lucore dell’alba è sempre ben visibile al liminar delle nubi. Una notte rischiarata che non è mai greve fino in fondo: è l’augurio per tutti, la speranza per ciascuno.

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