Banca & Arte in Svizzera 1. Un’inchiesta

Arte e banche: investire sulla bellezza ecco le coordinate di un rapporto di successo

Banche e arte: da sostenitori a consumatori. Non è una novità che le banche, detentrici dei più ingenti capitali del mondo, giochino un ruolo fondamentale nella promozione e conservazione delle opere d’arte. Basti pensare non solo ai tanti restauri e musei da loro sostenuti, ma alle famose strenne natalizie: importanti volumi regalati ai propri clienti e alle biblioteche, spesso molto più significativi delle mostre e dei relativi cataloghi. 

Il mecenatismo

Le motivazioni dell’impegno delle banche sono chiare: la pubblicità è l’anima del commercio e una banca ha le stesse necessità di ogni altra azienda. Sostenere il restauro di un’opera d’arte o edificio, finanziare la pubblicazione di un volume o l’allestimento di una mostra dà un’immagine di ricchezza illuminata che fa bene all’istituto e fa bene alla cultura. Ben vengano quindi sostegni all’arte in qualsiasi sua espressione. Se poi le iniziative, specialmente espositive, non sono degne di tale impegno economico, i restauri sostenuti non sono i più urgenti o le pubblicazioni mal curate, non sarà colpa ascrivibile alla banca mal consigliata. Negli ultimi anni però il ruolo delle banche si sta giocando in una trama di relazioni e interessi più complessa, fitta di variabili e possibilità, che dal mecenatismo, le ha portate al collezionismo come forma d’investimento e primo passo verso la promozione di un proprio status e impegno nel settore.

Arte come investimento

Con la crisi delle borse mondiali nella seconda metà degli anni ’90, molti investitori si sono trovati a non sapere in quali “beni rifugio” impegnare i propri soldi. Al sempre presente collezionismo, più o meno colto, più o meno impegnativo, si è affiancata la pratica del quadro acquistato per investimento, non sempre in linea con il “quadro da divano” già imposto dall’Interior designer. Non solo nel “Corriere Economia”, inserto di riferimento per il settore, ma su qualsiasi rivista economica, non manca mai un articolo sulle prossime Aste o sulle quotazioni raggiunte dalle opere già esitate. Una tendenza, quella dell’investimento artistico, che ha fruttato grandi guadagni e in cui la Svizzera gioca un ruolo da protagonista, tanto da spingere la rivista “Ticino Management” a dedicare al tema un lungo servizio d’apertura.

Dal collezionismo all’Art Banking

In questo nuovo sistema le banche non sono state certo a guardare: hanno acquistato opere per la propria collezione, spesso distribuite negli uffici e se, a quanto ci risulta, non si è ancora arrivati al “quadro da sportello”, alcuni istituti, in occasione della ristrutturazione o costruzione delle proprie sedi, hanno ingaggiato famosi architetti. L’ultima frontiera infranta è quella tra arte ambientale e investimento artistico, che ha portato alcune banche a trasformare la propria sede in opera d’arte, grazie ad appositi interventi di alcuni artisti contemporanei, che vi hanno istallato proprie opere un po’ ovunque. Nel frattempo, il semplice consiglio ai propri clienti a imitarli, investendo i propri soldi in opere d’arte, si è strutturato in uno dei settori più promettenti del Private Banking: molte banche hanno saputo creare appositi programmi d’investimento a tema artistico, e alcune veri e propri uffici di Art Banking che forniscono servizi di Art Advisor: consulenze a 360° che accompagnano l’investitore dall’acquisto alla vendita, passando per stima, assicurazione, eventuale prestito dell’opera alle mostre e gestione dell’intera collezione, in termini patrimoniali ed ereditari.

Verso l’arte contemporanea come strategia economica

Nuove prospettive sul rapporto tra arte e banche sembrano arrivare dalla vicina Milano e dal Gruppo Unicredit, tra gli istituti più importanti d’Europa. Nato dalla fusione di molte banche italiane attive nell’acquisizione di opere d’arte, Unicredit è attualmente proprietario di un’importantissima collezione di dipinti dal XV secolo ai giorni nostri. Grazie all’interesse personale dell’amministratore delegato Alessandro Profumo (Cfr. intervista su “Il Giornale dell’arte” dello scorso dicembre) Unicredit dimostra una particolare attenzione all’arte contemporanea, con programmi di investimento a lungo termine, finalizzati alla creazione di un nuovo stile, a partire dai propri dipendenti. Ciò che rende singolare infatti l’approccio dell’Istituto all’arte è averne intuito il valore “profetico” oltre che distintivo. L’artista dovrebbe interpretare in modo più profondo l’epoca in cui vive, cogliendo, prima degli altri, i mutamenti del gusto: guardare all’arte diventa allora strategico per una banca o un’azienda, che deve saper cogliere il “gusto” dei propri clienti. Ma non solo. Un “gusto”, o “stile”, proprio sarà sempre di più ciò che farà la differenza nell’economia europea, ormai deindustrializzata e sempre meno legata alla produzione materiale. Saper sviluppare uno stile italiano o europeo diventa prioritario e l’arte gioca in questo un ruolo decisivo. Semplificando si potrebbe dire: cosa avremo noi in più dei cinesi fra dieci anni? Non certo i prodotti, che già fabbricano loro per noi, non più le tecnologie che, con un milione di ingegneri all’anno, presto si procureranno in proprio. Il gusto, il nostro stile, che solo la nostra arte e tradizione ci permettono di avere, potrebbe essere la nostra carta vincente e l’arte potrebbe passare da cenerentola degli investimenti a bene primario per l’economia.

E il Ticino: le ragioni di un’inchiesta

Il quadro qui brevemente tracciato vale più o meno indistintamente in tutta Europa, ma che succede in Ticino, terra di una tradizione bancaria e di una produzione artistica illustri? Abbiamo cercato di scoprirlo con un’inchiesta che, a partire dalla settimana prossima, verrà pubblicata in una serie di puntate monografiche. Al termine tracceremo conclusioni e considerazioni, non tacendo delle aspettative che il mondo dell’arte ha verso le Banche ticinesi, determinanti per lo sviluppo della cultura artistica non solo del Cantone.

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