Rinascimento ticinese. 3 La mano a Bergognone
Il dipinto qui presentato venne probabilmente realizzato per la Certosa di Pavia, dove si trovava certamente nel Seicento, e costituiva lo scomparto centrale di un trittico insieme a due tavole laterali, raffiguranti le Sante Maddalena e Marta, ora al museo veronese di Castelvecchio, e le Sante Apollonia e Agnese, conservate in un’altra collezione privata. Le tre tavole, originariamente dipinte a figura intera, vennero decurtate della parte bassa alla fine del Settecento e, qualche decennio dopo, presero strade tra loro diverse. Al termine della mostra, l’opera presentata a Rancate tornerà nella riservatezza delle anonime mura parmensi che la ospitano, forse sopra un comò nell’intimità di una camera da letto o, chissà, in bella mostra all’ingresso, sopra a un fratino fine Sette… Ciò che conta è che la Presentazione al Tempio, quando ritornerà a Parma, non sarà più la stessa. Partita come opera di Giovanni Agostino da Lodi, vi tornerà come eseguita a due mani, iniziata e in gran parte realizzata dal pittore lodigiano ma terminata da Bergognone, il pittore protagonista alla Certosa. Questo avvicendamento è del resto il motivo per cui l’opera, di per sé non legata alle “terre ticinesi”, è esposta in mostra. Tutto è cominciato quando un’allieva di Giovanni Agosti, Silvia Valle Parri, si rende conto che il Polittico del Collegio Papio di Ascona firmato da Giovanni Antonio de Lagaia era eseguito a due mani. Identificata dai curatori della mostra la seconda mano con quella di Giovanni Agostino da Lodi, vengono alla mente altre opere eseguite a due mani da Giovanni Agostino: questa Presentazione al Tempio, ma anche due tavole ora a Brera e provenienti da un imponente polittico per Santa Maria della Pace. Sembra un vizio il suo… E intorno al polittico di Ascona e alla sua data, 1519, inizia a prender corpo un’ipotesi critica: il pittore sarebbe morto poco prima di quell’anno, la sciando interrotte queste tre committenze, terminate da pittori attivi nei rispettivi cantieri: il De Legaia ad Ascona, Bergognone a Pavia e Marco d’Oggiono a Milano. Al visitatore la possibilità di verificare quest’ipotesi, cogliendo in questa Presentazione al Tempio come i tratti dolci, pallidi e soffusi dei profili femminili appena incipriati si affianchino alla pennellata scolpita dei volti un po’ più caldi e arrossati di Giuseppe e Simeone. Il quadro che si troveranno davanti è, in ogni caso, una vera armonia e il Bambino, che tenta di arretrare verso la Madre, è vegliato da una sorta di pianoforte di facce, tasti simili ma diversi, chiamati a suonare la nota della propria umanità; la pace certa di Giuseppe, segnata appena da un volto un po’ incavato, è posta accanto a una Vergine con piccola ruga sulla palpebra insonne e un mento appena pronunciato; dettagli che si notano solo perchè posti a fianco della perfezione tutta riposo della comparsa di porcellana alla sua sinistra. Al centro, lo sguardo sconsolato di chi deve rassegnarsi al diradarsi dei propri capelli, tenerli un po’ più lunghi per nasconderlo non serve: “finirò come Simeone”, sembra pensare tra sé. A destra una di quelle figure che non volevano neanche venire: convocato di forza, il ragazzo imbronciato guarda il Bambino, sarà un presagio o è solo perso nei propri pensieri, di certo, fosse per lui, sparirebbe nell’ombra. |