Picasso a Madrid 1. Confronto con gli antichi al Prado

Un “last minute” da cogliere al volo. Non ci capita spesso di recensire, su queste colonne, mostre organizzate oltre il confine svizzero, ma l’eccezionalità dell’evento meritava una particolare considerazione e, perché no, un approfondimento in due tappe. Anno 1937, Pablo Picasso dipinge uno dei tre quadri più famosi del mondo, con l’Urlodi Munch (recuperato dopo il furto l’altro ieri) e la Gioconda: si chiama Guernica, dal nome della cittadina spagnola di cui rappresenta il bombardamento, avvenuto pochi mesi prima. 1981, il dipinto, che dal ’39 era conservato al MoMA di New York, arriva finalmente in Spagna, dopo aver atteso, per volontà testamentaria del pittore, la fine della dittatura franchista e il ritorno della democrazia. 2006, a 25 anni dall’arrivo del dipinto, la Spagna lo festeggia con due bellissime mostre, allestite al Museo Reina Sofía, che custodisce il dipinto, e al Museo del Prado. In attesa di dare, con l’inserto del 16 settembre, tutto lo spazio che merita alla prima, non si può tacere dell’esposizione al Prado, da visitare al volo, essendo purtroppo giunta alla sua ultima settimana d’apertura.

Su Picasso si è scritto e mostrato veramente moltissimo, forse tutto, e, di fronte alla necessità di operare una scelta tematica, la mostra, di fatto, insieme all’artista celebra anche la Spagna, affrontando il tema dei debiti di Picasso verso la grande pittura spagnola che l’ha preceduto, dando conto, grazie al confronto diretto tra le opere, degli omaggi tributati a singoli quadri e della sua predilezione per alcuni artisti, che lo hanno fortemente influenzato. Sfilano in ordine cronologico solo capolavori, accorsi da tutto il mondo e scalati nella lunga stanza centrale del museo a coprire praticamente tutta la lunghissima attività dell’artista. Da elogiare è senz’altro la scelta di esporre un gruppo non sterminato di opere, ma di una qualità e importanza talmente alta da meritare una mostra ciascuna. È così che si possono ammirare dal “manifesto” del periodo blu, La Vie (1903), che pennella di una struggente malinconia l’omaggio al caro amico del pittore, morto suicida per un amore infelice, al Mousquetaire et Amour (1969), in cui un Picasso quasi novantenne sfida la materia e la forma, in un tripudio di vita e colore che sembrano far implodere di gioia settant’anni di ricerche. Al centro della mostra, che è anche quello del museo, è posto il cuore di entrambi. Qui il visitatore è attratto dalla grande rivisitazione monocroma che Picasso fece del più famoso quadro spagnolo, Las Meninas di Velázquez (1656), e, girandosi, ha la possibilità di confrontarlo con l’originale, visibile, al di là di una larga apertura, nella sala del Museo che normalmente la ospita; ai lati dell’apertura, altre due rivisitazione del dipinto, dove è acceso di colore e “scaldato” in chiave tutta mediterranea. È in questo punto della mostra che ognuno è chiamato a partecipare a un’occasione unica per comprendere la Spagna e il più grande pittore del Novecento. In un gioco di enormi cerchi concentrici, ci si trova a Madrid, edificata capitale del regno da Filippo II, che la volle al centro esatto della Spagna (1562), perché la comprendesse e dominasse tutta; al centro di Madrid, il Prado concentra in sé, le grandi glorie della pittura spagnola e Picasso, posto, anche fisicamente, al centro del museo, è in grado di recuperare in sé tutta la tradizione che lo precede, reinterpretandola, rimasticandola, rivitalizzandola e, in un certo senso, imponendone al mondo ciò che d’internazionale e sorprendentemente moderno dimostra ancora d’avere. Una sorta di movimento centripeto che diventa internazionalmente e beneficamente centrifugo. P.s. venerdì alle 22.10 parte l’ultimo aereo da Malpensa, poco dopo mezzanotte sareste già di fronte a un sorridente concierge madrileno, rincasando a Lugano alla stessa ora di domenica, dopo due giorni pieni in una città stupenda: 550 franchi, tutto compreso, per un indimenticabile canto del cigno dell’estate.

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