Un altro punto di vista

L’immagine che ho scelto quale augurio per questa nuova avventura giornalistica che parte è tratta da Abscondita, un’intelligente mostra allestita al Museo Civico di Bassano del Grappa dalla sua direttrice, Chiara Casarin (fino al 3 settembre). È una piccola e raffinata esposizione nata per svelare al pubblico del museo l’altra faccia di alcuni dei dipinti normalmente esposti. Il retro: ciò che di solito non è dato di vedere e che è, invece, ricco di storie e informazioni utili alla comprensione del quadro stesso. Non si tratta di una scelta provocatoria, ma del tentativo di offrire all’“Osservatore” un’immagine icona che credo dovrebbe diventare cara a ogni giornalista, chiamato a raccontarci, almeno tentativamente, quello che gli altri non ci raccontano, ciò che non sembra degno di essere mostrato, quanto sembrerebbe meritare di essere tralasciato e chiede, invece, di essere svelato. In un momento così drammatico per la carta stampata, in cui ci s’interroga sull’opportunità stessa della sua esistenza, in un momento in cui l’immagine “del davanti” della vita si consuma velocemente sul web, un gesto di esclusione come quello di girare un quadro diventa un gesto veramente inclusivo, un atto di rispetto, di ricerca della verità. In questa posizione scomoda e “antigraziosa” l’opera rinuncia alla propria bidimensionalità patinata, denunciando il suo essere oggetto fisico, fatto di materiali, tessuto, legno, spessore, ingombro e struttura. Quanto rispetto, carità e, chissà, misericordia nascerebbero, del resto, in ciascuno di noi, se considerassimo ogni protagonista di una cronaca o analisi giornalistica non come una comparsa bidimensionale di un dramma altrui, ma come una presenza reale, tridimensionale appunto, chiamata ad occupare un frammento incomprimibile di una storia da raccontare?

Cosa ci aspettiamo, dunque, dall’“Osservatore” che nasce? La libertà di sperimentare, di raccontarci quello che pensiamo di sapere, ma dall’altra parte, la ferocia di dischiuderci un mondo capace di minare le nostre certezze, magari per rinforzarle. Ci aspettiamo che, a maggior ragione nelle sue pagine culturali, racconti le storie particolari, l’altra faccia della realtà, con il respiro di farcene cogliere la portata internazionale, di farci intravvedere quanto uno zoom sulla trama della vita, su un piccolo cartellino posto sul retro delle apparenze, ci permetta di cogliere la consistenza dell’opera tutta. Viceversa, ci aspettiamo che possa fare i conti con un mondo fantasticamente globale, per farci capire che quello che sta facendo nel suo studio di Brooklyn un giovane artista thailandese rischia di essere più pertinente con noi dell’ultima mostra locarnese.

Un altro punto di vista, questo sguardo scomodo che non teme di mostrarci il retro, di andare oltre le apparenze, oltre le scontatezze che ci intristiscono… Ecco quello che auguriamo all’“Osservatore”, a tutti i suoi collaboratori e, in particolare, alla pazienza di colei cui dobbiamo non poco di questi anni d’espressione.

Davide Dall’Ombra

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