1. Cosa è successo?
Ad accogliere il visitatore nel percorso della mostra è la stanza occupata dalla traccia audio che preannuncia l’opera del primo artista, Alberto Gianfreda (1981). Un inizio che esplicita quello che sembra essere il ruolo principale della Curatela oggi: non solo accogliere l’opera dell’artista per leggerla e presentarla al pubblico, ma entrare nel processo che la genera, comprenderlo, talvolta accompagnarlo, certamente esplicitarne la portata di significati e i possibili sviluppi, prima ancora che al pubblico, allo stesso artista.
Quella udita nella stanza buia è una composizione sonora realizzata da Gianfreda in collaborazione con il musicista Simone Lombardi. Il tema della distruzione, al centro del lavoro dell’astista e prodromo alla generazione dell’opera Italia che invade il salone, viene qui indagato attraverso una percezione unicamente acustica, grazie alla trasmissione di casse posizionate all’esatta altezza dei microfoni che hanno acquisito il suono.
I vasi e piatti di partenza, sono ceramiche provenienti da 22 città italiane e raccolti grazie alla collaborazione di AiCC (Associazione Italiana Città della Ceramica). Sono stati fotografati dall’artista e rotti all’interno di una stanza altamente tecnologica, l’Open Lab di Caimi Brevetti a Nova Milanese (MB), costruita per registrare il suono emesso dai materiali con una precisione assoluta, possibile solo in altre due sale di registrazione al mondo. Si tratta, infatti, di una camera di prova completamente isolata dall’esterno grazie a una tripla copertura composta da una struttura di 90 tonnellate in calcestruzzo speciale, da una gabbia di Faraday intermedia di schermatura e da un isolamento semianecoico composto da 1301 elementi fonoassorbenti. La funzione è quella di indagare le capacità percettive umane in un ambiente controllato e isolato da rumori e interferenze elettromagnetiche.
Grazie a questa tecnologia è possibile cogliere l’unicità di un suono che nasce dalla specificità della materia e, nello stesso tempo, la drammaticità della distruzione che diventa sentimento comune. Il suono della materia, che emerge quando è messa alla prova della rottura, si percepisce nel contempo unico, irripetibile e comune, malgrado fatture e provenienze diverse. Una metafora del dolore personale provato da ciascuno, che nasce nell’unicità ma può produrre unità tra i lontani. Perché come ricorda l’artista, il pianto di un bambino è uguale a Tokio come a Novate Milanse.
2. Italia
L’Italia è terra di altissima tradizione ceramica, al punto da caratterizzarsi, nelle differenti aree geografiche, per ricerca, tecniche di lavorazione e motivi decorativi che, nell’iconicità del disegno, raccontano una storia nazionale, una tradizione e una memoria condivise. L’opera Italia di Alberto Gianfreda affronta il tema della distruzione in favore di un processo di ricongiungimento del frammento per generare una nuova bellezza e unità. 20 città italiane, distribuite in 10 regioni, hanno donato all’artista uno o più pezzi della propria produzione creativa. Italia ricostruisce in un fregio continuo, il movimento e la vitalità della tradizione che giunge fino a noi reinterpretata: una strada che dalla materia torna alla materia, dalle macerie all’opera. Così facendo l’artista porta avanti la sua personale ricerca sul frammento e sulla ricomposizione.
Un procedere che rende omaggio all’opera di Morandi in mostra, in cui il vaso è parte della sua inesausta elaborazione pittorica, tutta spesa in una concentrazione delle particelle universali attratte da una sorta di irresistibile forza centripeta della materia, in qualche modo opposta alla forza centrifuga della distruzione messa in campo da Gianfreda.
I manufatti raccolti, come è consuetudine dell’artista, dopo essere stati adeguatamente documentati fotograficamente, sono stati spaccati fino a diventare frammenti piani di diversa dimensione, che nascondono la forma originale ma mantengono la riconoscibilità del decoro identitario. I frammenti sono stati rimontati su una maglia metallica, che permette ai singoli elementi di ricongiungersi in un unico grande “tessuto ceramico”: l’identità resiste superando, unita alle altre, l’apparente annullamento della distruzione. In anni in cui i temi di resilienza, bene comune e parcellizzazione della società interrogano ad ogni livello di coscienza, l’opera mostra una possibilità di bellezza non convenzionale, frutto di un ordine che non è appiattimento, di un’unità che non è omologazione.
La curatela si esprime oggi anche nel porsi come facilitatori di un processo partecipativo di raccolta complesso come questo, reso possibile da un coordinamento di Casa Testori e dall’impegno disinteressato e fondamentale di Giuseppe Olmeti, per AiCC, Viola Emaldi e Irene Biolchini.
3. Collezione NFT Italia
Ma questo affondo distruttivo e costruttivo nella materia espresso dall’opera Italia è il punto di partenza per una messa in discussione della stessa materialità, una riflessione sul moltiplicarsi delle esperienze virtuali, grazie al suono e alle nuove tecnologie multimediali. L’atto performativo della rottura dei pezzi per mano dell’artista è stato registrato in una serie di documenti, che ora possono essere a loro volta resi opera d’arte in sé dalla tecnologia NFT, capace di unire immagini, video, informazioni della sua scuola ceramica di provenienza, peso e dimensioni originali e persino i dati dello strumento della rottura.
Nascono così due serie di 19 NFT ciascuna: nella prima serie il suono della distruzione registrato nella sala anecoica di Caimi Brevetti è stato associato all’immagine dell’oggetto integro; la seconda serie è composta dai video delle singole performance di distruzione. Un 39° NFT è composto dal montaggio dei sonori della distruzione presentato nella prima stanza in mostra, associato all’immagine dell’opera Italia.
NFT Italia permette all’artista di sancire l’esistenza di 39 nuove opere digitali, conservate nell’omonima piattaforma, dando loro l’attestazione di opera unica. Questa nuova tecnologia, tanto discussa oggi, è al centro del dibattito sull’arte contemporanea: tra necessità di attestazione dell’unicità di un’opera immateriale e speculazione finanziaria capace di eccitare mercato e collezionisti.
Nell’opera di Gianfreda, questo strumento acquisisce un ruolo tutt’altro che pretestuoso, permettendo d’includere la complessità del processo generativo della scultura in un esito che supera la dicotomia tra materialità e immaterialità. Presentare queste nuove opere in mostra mette del resto in discussione anche la nozione tradizionale del tempo delle azioni artistiche: fondendo i momenti di progettazione, produzione e fruizione dell’opera stessa.
Davide Dall’Ombra
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