4. Landscape
La ricerca di Fabio Roncato (1982) si esprime da anni nel rapporto inesausto di partecipazione con la natura, in un dialogo serrato che lo inserisce, da scultore, tra gli eredi di una ricerca come quella cui ha dedicato la vita Ennio Morlotti. Dopo le cere incandescenti che, rapprendendosi istantaneamente a contatto con l’acqua, gli hanno permesso di registrare lo scorrere del fiume, si cimenta ora nel prendere il polso della terra, fissandone i sommovimenti, meno appariscenti ma altrettanto fondanti e potenzialmente germinativi. Affascinato dai macromovimenti della tettonica a zolle cerca di riprodurne l’effetto nel microcosmo del suo studio, ove blocchi di terra argillosa vengono chiamati a mimare il ruolo dei loro complessi fratelli maggiori.
Il processo è articolato in diverse azioni complementari, perché “la superficie è la parte più esterna delle cose, che ci rivela la reazione di contatto tra la materia”. Nella creazione di Landscape i blocchi di terra vengono colorati in superficie con una vernice spray e adagiati sul pavimento generando i movimenti dell’assestamento impostogli dalla morfologia e dalla gravità. La vernice non può seguire puntualmente la terra e, inevitabilmente, asciugando, si contrae, sposta e crepa, registrandone, di fatto, il movimento. Interviene a questo punto un secondo materiale sintetico, la schiuma poliuretanica che, spruzzata sulla vernice, vi aderisce perfettamente, fissandone la forma.
Irrobustita dalla schiuma, a sua volta armata da una fine rete metallica, la pellicola di vernice che ha registrato il movimento della terra è impressa per sempre e può essere liberata dalla terra stessa, grazie a un processo d’immersione in grandi vasche d’acqua.
Torna la centralità del processo artistico, che ha richiesto un susseguirsi di sperimentazioni e tentativi.
Ma guardando al risultato di queste tassonomie del movimento terreo, si scopre ora la relazione con l’essenza germinativa della terra di cui sono impronta, anche grazie alla posizione che assumono, messe in relazione con il rigoglio estivo del giardino di Casa Testori e con la luce che ne invade le stanze.
Davide Dall’Ombra
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