Da Londra a Roma 4. Chiesa e Arte Contemporanea

L’incontro di oggi tra il Papa e gli artisti è uno di quei momenti destinati a rimanere storici come i due che l’hanno preceduto e che vuole celebrare: la lettera di Giovanni Paolo II agli artisti, firmata il giorno di Pasqua di 10 anni fa, e l’incontro analogo a quello di oggi, voluto da Paolo VI nel 1964.

È un evento che nasce dalla necessità di far fronte ad una situazione drammatica: «Un’alleanza tra fede e arte si è infranta: l’arte ha lasciato il tempio, ha relegato su uno scaffale polveroso le grandi narrazioni bibliche, i simboli, le figure, le parabole…» constata Mons. Ravasi, il cosiddetto “Ministro della Cultura” vaticano e organizzatore dell’incontro. Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani – l’altra mente che sta dietro all’evento – è ancora più duro: «A far data dall’Ottocento, la Chiesa si è chiusa in difesa, non ha più saputo né voluto rischiare confronti con i movimenti artistici che devastavano e sconvolgevano il mondo. Quando, per dare immagine ai suoi messaggi, adottava uno stile, si attestava su quelli più tradizionali e consolanti. Così si è consumato il grande divorzio». La Chiesa ricorre allora a due doti che dimostra d’avere ormai da millenni. La prima è il realismo: sa bene che i frutti di questo ricongiungimento potremmo non vederli noi: «Quali forme d’arte abiteranno il terzo millennio cristiano, non lo sappiamo. Oggi possiamo solo riconoscere e per quanto possibile onorare e valorizzare i frammenti di sapienza e di bellezza che potranno un giorno costruire il nuovo ordine estetico», ossia salviamo il Bello di oggi, perché potrebbe diventare il Sacro di domani. La seconda – continua Paolucci – è la spregiudicatezza: «Devono tornare quei meravigliosi azzardi che, nei secoli, la nostra Chiesa ha saputo giocare. Come quando, per esempio, fra quarto e quinto secolo, ha scelto come sua lingua figurativa l’arte greco-romana. Azzardo immenso e carico di futuro, se si pensa che il cristianesimo veniva dall’ebraismo, la più ferocemente aniconica fra le culture del Mediterraneo… La Chiesa per molti secoli ha saputo guardare al mondo delle arti con spregiudicato coraggio. Ne ha accettato gli stili, li ha vivificati e trasfigurati con i suoi contenuti, senza per questo mortificare o condizionare le ragioni dell’arte. Che sempre, nei secoli che precedono la modernità, è stata messa in condizione di esprimere la sua sovrana autonomia…». L’apertura dell’oltre Tevere verso gli artisti è totale e attendiamo il discorso del Papa e le reazioni degli artisti: al tema dedicheremo tutto l’inserto Cultura di sabato prossimo.

Da parte nostra, ci uniamo a Mons. Ravasi – che vorrebbe un Padiglione Vaticano alla prossima Biennale di Venezia – quando dichiara che il Crocifisso di Joseph Beuys (due bottiglie bianche che originariamente conservavano sangue, unite da legno e fil di ferro) «dovrebbe stare in una chiesa non in un museo» e proponiamo due opere politicamente scorrette, alle quali riserveremmo volentieri una cappella. Dieci anni fa, proprio nell’anno della Lettera agli artisti, Maurizio Cattelan realizzava La Nona Ora: la scandalosa opera (qui in basso) esposta l’anno seguente ad una mostra londinese che ha fatto storia: Apocalypse. Il Papa, piegato da un meteorite, è vivo e tiene ben saldo il suo pastorale: «sembra di assistere a un miracolo», cita il laicissimo catalogo della mostra, «un’opera blasfema», gridarono molti cristiani… Nel 2007 Damien Hirst, sempre lui, quello dello Squalo, del Teschio e della mostra recensita sabato scorso, espone un ciclo di stupende opere realizzate con farfalle vere disposte su tela. Si tratta di straordinarie rivisitazioni delle vetrate cristiane ma create, di fatto, con animali morti: una simbologia cristica commovente, nella quale la Resurrezione nasce dalla Passione, il bello passa dal dolore. Tuttavia, l’artista non coglie che la vera provocazione sta tutta qui e, quasi spaventato dal sembrare “sacro”, sente il bisogno di chiamare la mostra Superstition(superstizione), nonché di far precedere ogni titolo cristiano dato alle opere, dal titolo di una poesia nichilista di Philip Larkin. Gli artisti, cercando il Bello, non riescono a fare a meno di invischiarsi con la Chiesa e la sua storia, ma sono come bloccati. È una responsabilità che riguarda tutti i cristiani quella di rassicurare i grandi artisti perché tornino a lavorare nelle chiese. È ancora Paolucci ad indicare la strada: «Occorre guardare, ascoltare, con umiltà, con pazienza, senza pregiudizi, senza preconcetti, nella consapevolezza che l’impresa è immensa, ardua fino alla temerarietà e tuttavia necessaria, ineludibile».

Un incontro storico

A 45 anni dall’incontro di Paolo VI con gli artisti e a 10 anni dalla lettera a loro indirizzata da Giovanni Paolo II, papa Benedetto XVI ha invitato nella Cappella Sistina una selezione aconfessionale di artisti da tutto il mondo. I posti erano limitati e sui nomi dei partecipanti sono girate liste semi-ufficiali, indiscrezioni, rinunce a malincuore (Riccardo Muti) e qualche rifiuto (Andrea Camilleri). Tra i confermati non mancano certo nomi di peso: da Anish Kapoor, Jannis Kounellis e Bill Viola, per l’arte, a Mario Botta e Santiago Calatrava, gli architetti, ma anche Alberto Arbasino, Luca Doninelli, Davide Rondoni e Susanna Tamaro per la letteratura. Tra i musicisti e i cantanti: Claudio Baglioni, Andrea Bocelli, Angelo Branduardi, Riccardo Cocciante, Ennio Morricone e Antonello Venditti e per cinema, teatro e fotografia: Gabriele Basilico, Marco Bellocchio, Liliana Cavani, Peter Greenway, Anna Proclemer, Nanni Moretti, Luca Ronconi, Peter Stein, Bob Wilson e Franco Zeffirelli. Dopo brevi interventi musicali, il saluto, anche a nome degli artisti, di Gianfranco Ravasi e la lettura di alcuni brani dalla “Lettera agli Artisti” di Giovanni Paolo II, arriverà l’attesissimo Discorso agli Artisti di Benedetto XVI. L’incontro sarà trasmesso in diretta Tv su Rai Uno, a partire dalle 10.50. L’inserto Cultura del Gdp di sabato prossimo (28 novembre) sarà interamente dedicato al discorso del Papa.

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