Questo sito usa cookie per fornirti un'esperienza migliore. Se usi dallombra.it, acconsenti all'utilizzo dei cookie. OK

Alberto Schiavi porta la primavera in convento

Ma che ectoplasmi?! Non ci poteva essere occasione migliore per festeggiare la primavera di quella che offre la mostra del pittore Alberto Schiavi al Convento di San Giuseppe, nel cuore di Lugano. Chi s’immagina una tetra puntata di arte da sacrestia è completamente fuori strada. L’opportunità è quella di una festa della luce da non perdere. Entrare nel piccolo chiostro coperto, normalmente riservato alla clausura delle Clarisse di Cademario, vuol dire aprire uno scrigno di sole tra i palazzi delle Banche luganesi, un bacello di luce che dà subito l’impressione di trovarsi al proprio posto: con i piedi nel mondo e la testa libera di uscirci. Un avviso ce lo aveva dato l’ironia del titolo della mostra e la visione delle belle tele di Schiavi non ha fatto che confermarlo: la primavera è arrivata. Ciò che mi ha sorpreso nella pittura di Schiavi, pittore classe 1939 a cui non sono mancate mostre in tutta Italia e riconoscimenti internazionali, tra i quali un’antologica alle Nazioni Unite di New York, è la struttura del colore. Tutta la letteratura critica su di lui parla dell’evanescenza delle sue forme, della liquida atmosfera bianca che domina la maggior parte dei suoi quadri, rendendo le figure fluttuanti. Tutte cose vere, per carità, ma io credo che la forza di Schiavi sia nella struttura ben salda delle sue composizioni che non ha nulla di evanescente. Certo, da buon milanese, spesso una sorta di nebbia umida aleggerisce le forme coprendole o sottolineandole con filamenti bianco-argentei ma la visione dal vero delle tele restituisce una vitalità del soggetto rappresentato, fa trapelare tutta l’energia del colore che sono il punto di forza della pittura di Schiavi. L’equilibrio tra immaterialità e natura di cui sono costituite queste tele non reggerebbe altrimenti e, da lombardo, più sembra allontanarsi dalla terra e più trova la sua grandezza nel rimanerne attaccato. Se non ci lasciamo abbagliare dallo scintillio dei colori, scopriremo che questo “figlio” di Morlotti ne ha alleggerito la materia, ma sfrondandone gli umori o, meglio, disossandola del suo peso, non ne ha diminuita la forza: basta guardare alcuni bellissimi mazzi di fiori, il pulsare del lago tra le nebbie, o i frutti spremuti in una natura morta. Le opere sono in vendita e il ricavato andrà alle Clarisse per la ristrutturazione del loro convento di Cademario: un’occasione da non perdere, insomma, per portarsi a casa un pezzo di luce e primavera, aiutando chi della Primavera è custode e ancella.

Scarica l’articolo in pdf

Leave a Reply