PER TE

“Perché le parole sono importanti” diceva un celebre Nanni Moretti in Palombella Rossa trent’anni fa. Nell’opera di Matteo Attruia – arista italiano, di Pordenone, classe 1973 – le parole sono praticamente tutto. Non è il primo, naturalmente, e la tradizione sul crinale tra arte concettuale e minimal ci ha abituati all’uso poetico di questo straordinario strumento espressivo che è la sola parola scritta, meglio se restituita in un’opera attraverso segni asciutti che nulla aggiungono alla semplice successione di lettere. Attruia spesso fa crescere questo mezzo espressivo, grazie a scritte al neon, cartelli, o supporti diversi, perfino meccanici, che sfruttano la tridimensionalità.

Ma qui siamo alla sua opera fondativa, verrebbe da dire, e non perché semplicemente posta all’origine del suo percorso, ma proprio perché alla base delle opere di ogni giorno, punto di arrivo e d’inizio.

A volte le parole cadono sul foglio con il loro peso eterno, come perle o pietre preziose: oggi qui. Altre volte, come in questo caso, sfrutta l’assonanza con frasi fatte e, con un piccolo intervento, muta gli scenari in positivo, dalle stelle alle stelle, o in negativo, IO SONO. I rari frangenti di impegno, vuoto a perdere, lasciano subito spazio allo struggimento di un rapporto, cui cedere, LOTTIAMO, da lasciare andare, PERDO TEMPO, o che si è spezzato: UNA STORIA VERA; NON CI FOSSI BISOGNEREBBE INVENTARTI; SENZA FINE.

È una frase scritta con il pennarello su un foglio di carta. Punto. E se l’abbiamo scelta come immagine di questo Natale è perché crediamo che, mai come ora, ci sia bisogno di silenzio, di ricavarci, a forza, uno spazio bianco in cui dare il giusto peso alle parole, un monito, naturalmente, anche per chi di noi scrive. Un modo per goderci il mistero di ciò che sta per accadere. E non semplicemente perché Verbum caro factum est, verbo, parola, appunto. Ma perché a volte abbiamo bisogno di farci cullare dalla tenerezza di una Madonna con il bambino di Giovanni Bellini, e, altre volte, possiamo trarre ancor più giovamento, dal sussurro, deciso e decisivo, di un’opera che non è una Natività, ma, parlando di una cosa semplice e quotidiana, anela a una verità universale che ce ne riporta alla mente il fatto. Del resto, il Natale ha la pretesa di dirti che PER TE Dio si è fatto uomo e che quel Bambino è Dio. Più ALTRO di così…

Con l’aggiunta di un semplice accento, questa frase si apre a piani di lettura pressoché infiniti. È lo slancio totale di uno che ti dice: “per te questo e altro”, cioè ti do tutto. Facendolo, prende il tuo QUESTO, la realtà in cui sei messo, quello che ti tocca vivere – compreso te stesso – e lo fa diventare ALTRO. PER TE QUESTO E ALTRO, ma soprattutto: PER TE QUESTO É ALTRO. Perché, oggi più che mai, abbiamo bisogno di qualcuno che nel nostro QUESTO veda qualcosa che noi, da soli, non vediamo.  È il nostro augurio per questo Natale: che ciò che ognuno di noi è chiamato a vivere rimanga QUESTO ma sia, nel contempo, anche ALTRO, qualcosa che supera la piccola contingenza del vivere, dandogli respiro, senza necessariamente cambiarla. L’augurio, insomma, che quel per possa essere anche causale, ossia un “grazie a te”. GRAZIE A TE QUESTO É ALTRO. Ogni giorno. Per sempre.

Davide Dall’Ombra

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Matteo Attruia, Per te, pennarello su carta bamboo hahnemühle, cm 40 x 30, 2019. Courtesy Galleria Massimodeluca, Venezia; photo © Giovanni De Roia.

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