Banca & Arte in Svizzera 7. Banca del Gottardo

«Ci differenziamo» è questo il motto della Banca del Gottardo. Una necessità apparentemente comune ad ogni banca ma che, quando si guarda all’impegno in campo artistico dell’Istituto, non potrebbe essere più azzeccato. Una differenza culturale che emerge non solo nella raffinata raccolta di artisti e fotografi contemporanei svizzeri collezionati, o in una delle più belle sedi bancarie del mondo, progettata da Mario Botta nel 1988. La Banca del Gottardo è l’unica svizzera (e credo non solo) a poter vantare una propria galleria d’arte, con attività espositiva di livello internazionale, frutto di collaborazioni consolidate con la Peggy Guggenheim di Venezia e importanti musei europei. L’attività della Galleria Gottardo è ormai una realtà espositiva nota ben oltre i confini ticinesi, con una cinquantina di mostre al suo attivo e molte collaborazioni significative. Ha saputo infatti inserirsi con discrezione e decisione nel panorama espositivo svizzero, spiazzando sempre i propri visitatori, a partire dai temi trattati. Indimenticabili alcune mostre di arte etnica, come quella eschimese o sugli indiani d’America, che hanno portato all’attenzione del pubblico reperti eccezionali restaurati per l’occasione. Da non trascurare, la capacità di valorizzare l’opera dell’uomo in quanto tale, che si esprime nei manufatti di tutti i giorni ma anche nel gioco: sorprendenti due mostre come quella sugli scacchi e sul Gioco dell’Oca: un’esposizione capace di rompere ogni confine tra realtà e rappresentazione, visto che era allestita come un’enorme percorso di gioco e il catalogo si trasformava in uno strumento da portarsi a casa per cimentarsi in quest’attività ludica. In una proposta espositiva continuamente capace di stupire, una sorta di filo rosso è retto dall’amore per la fotografia contemporanea, nato in tempi non sospetti e in anticipo su moltissime istituzioni pubbliche. Da sottolineare anche l’impegno dimostrato nell’allestimento, nei cataloghi e nei manifesti, sempre diversi tra loro e sorvegliati in ogni dettaglio. Una cura che ha sorpreso e invogliato le realtà museali e i collezionisti incontrati. Una base finanziaria alle spalle, certo, ma unita a grande libertà d’intervento, progettualità e intelligente voglia di fare. Non c’è dubbio, la scommessa la stanno vincendo: si differenziano. Eccome!

La mostra in corso. Le visioni di Silvio Wolf

La mostra aperta fino al 6 maggio nella Galleria Gottardo è senz’altro un viaggio suggestivo. Ad andare in scena è l’opera di Silvio Wolf che presenta quattro sezioni locate in altrettanti spazi della galleria. Ad accogliere lo spettatore nell’atrio è la “Formazione”: grandi fotografie ottenute con l’esposizione incontrollabile e poetica della pellicola alla luce, da cui nascono grandi campiture cromatiche, in continua fusione tra loro, con un chiaro omaggio a Rothko, reso con ardore controllato e discrezione della memoria. “Soglie”, è una sezione posta allo snodo tra i due bracci della galleria e presenta luoghi di mezzo, come la bellissima Abside, immagine della Chiesa di San Giovanni Battista a Mogno, in cui la bicromia di Botta viene stravolta da un negativo che esalta la vita del materiale. Ma il vero cuore della mostra è la rappresentazione, attraverso alcune immagini e un video, del Tesoro della Banca Gottardo. Nelle grandi fotografie esposte nell’ala destra e, ancor più, nel video a cui è interamente riservata quella sinistra, va in scena lo spazio cardine dell’Istituto: costruito 18 metri sotto terra, conserva le cassette di sicurezza della Banca. Torna la bicromia di Botta, acciaio satinato e lucido, che dà vita a una sorta di astronave atemporale e mistica allo stesso tempo. Un luogo del silenzio che impressiona anche il visitatore più distratto e che nel video di Wolf viene interpretato e sventrato in tutte le possibili contraddizioni di pieni e vuoti, attese e corse.

Fotografia svizzera. Tutto cominciò da Robert Frank

La storia della Galleria s’integra perfettamente con la collezione dell’Istituto che, divisa in quattro sezioni, rappresenta un aspetto di unicità nella tradizione collezionistica delle banche. Decisivo, come sempre nella vita, un rapporto d’amicizia: quello tra il grande fotografo svizzero Robert Frank e Fernando Garzoni, l’allora Presidente del Consiglio d’Amministrazione della Banca, anch’egli fotografo. Da questo connubio nacque la prima mostra della Galleria, dedicata appunto a Frank, ma soprattutto una pratica collezionistica incentrata sulla fotografia svizzera e avviata alla fine degli anni ’70, quando questo genere di raccolta era tutt’altro che di moda. Arricchita negli anni con acquisti intelligenti, per non dire veggenti, la collezione è veramente unica e di grandissimo valore. Da Frank a Renè Burri (nella foto), da Daniel Schwartz a Beatrice Helg fino alle recenti e bellissime opere di Jean-Pascal Imsand, le foto collezionate sono più di 200 e gli artisti più di 60. Anche qui, come in tutta la collezione, all’insegna della libertà assoluta di temi e mezzi: dal figurativo all’astratto, dal bianco e nero al colore, dalle tecniche tradizionali alle elaborazioni digitali.

Il San Gottardo. Nome, Luogo e Identità 

La peculiarità della Banca è insita nel suo nome: il Gottardo, sia esso inteso come monte, passo, galleria, passaggio o confine. Tutti i significati di unione e distinzione che ha questa cerniera dell’Europa caratterizzano il Ticino e si condensano in questo punto. Lo stesso stile della Banca e le sue scelte collezionistiche respirano questo cortocircuito tra Mediterraneo e mondo centroeuropeo che, come tutti i cortocircuiti, è foriero di novità e creatività. Non stupisce quindi che l’Istituto abbia deciso di festeggiare i suoi 40 anni (1997), dedicando le quattro mostre annuali della Galleria al San Gottardo, esponendo foto storiche, nella prima, e commissionando a 18 fotografi nuove immagini che ritraessero lo stesso Gottardo, intorno ai concetti cardine di Cuore, Arteria e Cervello. Le 170 fotografie e i video realizzati entrarono tutti nella collezione della Banca, creando un nuovo straordinario nucleo della sua raccolta.

Giovane arte svizzera ’60-’90. Sperimentare nella qualità

Moltissimi gli artisti collezionati: nomi che, con il passare degli anni, stanno confermando la grande capacità intuitiva delle acquisizioni fatte. Impossibile scegliere tra i tanti, il panorama è veramente completo e suggestivo. Il catalogo che ne illustra le opere segna infatti una sorta di compendio dell’arte svizzera di un trentennio: una sorta di atlante da usare come timone per ogni considerazione sul tema. Colpisce tra tutti un’opera di Magrit Jäggli (nella foto). L’artista dipinge con smaccato realismo, montando le proprie opere dietro un vetro specchiato, che attornia l’immagine dipinta. L’effetto è una relazione con lo spettatore inaspettata, in cui il modello rivive tra il fruitore dell’opera; in questo caso però i piani intersecati sono molteplici e il titolo illumina: “Immagine riflessa. I signori Hanhart e von Castelberg valutano l’acquisto di quest’opera”. Può sembrare un gioco, ma nel 1974 un’opera come questa s’inseriva nelle sperimentazioni sulla visione, sulla frattura degli spazi e andava al cuore della stessa collezione bancaria, fissando per sempre nella stessa raccolta le immagini di due personaggi chiave: von Castelberg, allora Vice-Presidente e cofondatore della banca, grande esperto d’arte e presidente (1957-1987) della Kunsthaus di Zurigo, e Rudolf Hanhart, per molti anni alla guida del Kunstmuseum di San Gallo.

Verso una collezione Italia. Un modello da esportare

Si tratta dell’ultimo progetto della Banca. Se le altre tre collezioni possono dirsi concluse e fissate in altrettanti bellissimi cataloghi, l’apertura a sperimentazioni in territorio italiano è un’opera in pieno svolgimento. Il metodo è semplice ma innovativo, guarda caso. Dal 2001 presso la sede di Bergamo l’Istituo decide di investire sulla giovane arte proveniente dal Ticino e dalla provincia di Bergamo, scelta da due curatori: il pittore Nando Snozzi per la Svizzera e Mario Cresci, già direttore dell’Accademia Carrara, per l’Italia. Tutti gli anni vengono esposti cinque artisti Ticinesi e cinque Bergamaschi, ognuno rappresentato da cinque opere che rimangono esposte tutto l’anno. All’inizio dell’anno successivo la Banca acquista un’opera per ogni artista, destinata alle sedi italiane di Milano, Torino, Treviso e Roma. La Banca, che ha sempre saputo investire nel futuro, non ha fretta e il progetto si concluderà solo nel 2011, quando verrà pubblicato un catalogo della “Collezione Arte Gottardo Italia”.

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