I Tiepolo che incidono

A ciascuno la sua Venezia. Da qualche anno il Museo Cantonale di Lugano ci sta abituando, mostra dopo mostra, ad apprezzare l’arte grafica, termine ideato per raggruppare la produzione di stampe e disegni artistici. Ora è la volta di una ricchissima antologia d’incisioni del Settecento, provenienti da un’unica collezione privata e accomunate dal tema: Venezia.

Già presentata al Musée Jenisch di Vevey, l’esposizione, come il suo tema fatalmente legata all’acqua, cambia sponde e riposa ora, fino all’8 gennaio, poco lontano da un nuovo lago. L’incisione, tecnica che solo negli ultimi anni sta attirando l’attenzione che merita, era un genere molto apprezzato in passato: in secoli pre-fotografici in cui la trasmissione visiva delle opere d’arte e dei paesaggi non aveva altro mezzo. In tutt’Europa, proprio grazie a incisioni dettagliatissime di scorci veneziani, di Piazza San Marco o del Canal Grande, la città arrivava al culmine della sua notorietà internazionale, proprio mentre assisteva al suo declino politico. Il Settecento fu infatti l’ultimo travagliato secolo della Repubblica Veneziana, destinata a spegnersi con l’invasione napoleonica del ’77, dopo secoli di splendore economico, politico e artistico. Ma Venezia, come ogni grande signora, si avviava alla morte con classe e splendore, tra grandi palazzi, feste, regate lungo i canali, interni di balli e scene di genere, tutte registrate dalle incisioni esposte in mostra.

Fra i molti artisti presentati ognuno potrà prediligere la Venezia, reale o fantasiosa, che preferisce, dalle vedute del Canaletto, agli interni curiosi del Longhi… Io scelgo senza dubbio la famiglia Tiepolo. E non solo per il genio assoluto del più famoso Giovan Battista, che a Venezia gioca il ruolo di più grande pittore del secolo, ma perché è grazie a loro che Venezia riesce ad esprimere tutta la sua grandezza, fatta di ricchezza e miseria. Due sono i grandi filoni in cui si divide la stampa artistica: quella d’invenzione, che realizza un soggetto originale, e quella di riproduzione che traduce un dipinto di un altro artista. Giovan Battista Tiepolo, che era anche incisore, ci ha lasciato una trentina di opere d’invenzione, tra cui le serie Capricci e Scherzi di Fantasia, i due figli Giovan Battista e Lorenzo, si occuparono prevalentemente di incisioni di riproduzione, traducendo con l’acquaforte e il bulino, i più importanti dipinti del padre. È anche grazie al loro lavoro che la sua fama varcò il suolo italiano e le commissioni fioccarono in Europa.

Nei grandi affreschi e nelle pale d’altare, Tiepolo è un trionfo continuo di splendore: impaginazione larga, profusione di stoffe preziosissime, carnagioni accese e soprattutto colori; quei colori unici, impregnati d’oro, carminio e lapislazzuli, che accendono cieli d’indimenticabile luce mattutina. Un trionfo insomma che non sembra lasciar spazio a nessun tentennamento, a nessun timore, a nessuna morte. Ma è proprio nell’incisione dei figli, in particolare nelle bellissime acqueforti di Lorenzo, che la pittura del padre sembra svelare la sua essenza. Nel “tradurle” Lorenzo non fa certo opera di semplice copista e, grazie alla tecnica dominata con sapienza, carica con chiaroscuri e frazione di dettagli il disegno ideato dal padre. Così facendo è come se rivelasse tutte le tensioni della materia nascoste nel dipinto, tutto il potenziale di decadimento che la stessa materia ha anche nelle più splendenti tele del padre. Un dietro le quinte della pittura o una visione premonitrice, un più di verità insomma che i Tiepolo ci restituiscono grazie alla loro unità di finitezza e splendore.

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