La Resurrezione di Mantegna

Contromano. Tanti, nei secoli, hanno cercato di raccontarci cosa avviene, nella mente di un uomo, nel momento più decisivo della sua esistenza, ossia quando quest’esistenza sta per lasciare, il momento del trapasso insomma. Molti di più, tra noi, sono stati testimoni in prima persona di quest’avvenimento drammatico, spianato davanti ai nostri occhi nelle sembianze di una persona cara.  Chi potrà strapparmi dalla mente il ricordo della mia carissima nonna materna, mentre stende il suo ultimo affannoso respiro, appoggiata alle mie braccia?

Eppure, la Pasqua viene ogni anno a raccontarci una storia opposta, quella di Uno che ha fatto marcia indietro, passando dalla morte alla vita, in barba ad una via strutturalmente a senso unico. Contromano appunto.

Di questa incredibile vicenda, la storia dell’arte ci ha regalato testimonianze numerosissime ma non mi ero mai reso conto di quanto fossero lacunose. Migliaia sono, infatti, le raffigurazioni della deposizione del corpo di Cristo, altrettante quelle dell’uscita dal sepolcro che sorprende i soldati mentre dormono, ma chi ha cercato d’immaginare, e raccontarci, il momento esatto della resurrezione?

Quello da noi riprodotto in prima pagina è un piccolo disegno conservato al British Museum di Londra, realizzato a penna e inchiostro bruno da Andrea Mantegna (1431-1506), il pittore dei Gonzaga, celebre per la Camera degli Sposi a Mantova, la Pala di San Zeno a Verona ma, soprattutto, per il “Cristo Morto” della Pinacoteca di Brera (riprodotto qui a fianco): uno straordinario scorcio prospettico, nel quale Gesù è raffigurato steso sulla pietra dell’unzione, con in primo piano i piedi squarciati dai chiodi.

Con un occhio al ricordo di questo incredibile dipinto si può puntare l’altro al disegno della resurrezione; si scoprirà allora, con sorpresa, che quello che vediamo è una sorta di seconda puntata della stessa storia. La telecamera è rimasta stretta sul suo corpo, non si è mossa. Nella prima un Cristo, deposto, morto che più morto non si può, con quelle incredibili ferite dai lembi stracciati e un colore verdastro che non lasciano dubbi sull’opportunità delle lacrime di Maria e Giovanni, appena visibili sulla sinistra. In questa seconda è raffigurato un momento che credo nessun pittore abbia mai rappresentato, quel momento della storia che nessuno ha mai visto. La telecamera si allontana lentamente, si alza per darci un’inquadratura dall’alto e cattura l’istante, l’attimo in cui Cristo ritorna alla vita, il momento in cui Gesù si sta rialzando da quella stessa lastra su cui era stato deposto. È un idea straordinaria quella di Mantegna, di una carnalità sconcertante, quello che risorge è un corpo vero. La vita sta arrivando piano da sinistra, come l’alba di un bel mattino, e risale lungo il corpo in cerca, anche lei, del Suo volto, un volto ancora sofferente, ancora ostaggio di una smorfia di dolore. Quel lenzuolo, che solo in parte inchioda il corpo alla spessa lastra di marmo, è destinato a farsi presto leggerissimo.

Ma Gesù non si libra nell’aria evaporando. Con un gesto naturalissimo e inequivocabile, alza la schiena, fa leva sul braccio e sta per puntare la gamba già piegata per l’uso. Né più né meno di quello che abbiamo fatto sta mattina per alzarci. Che Cristo avesse un corpo che pesava, un corpo indolenzito che si faceva fatica a rialzare è una cosa eccezionale, pochi pittori ci hanno regalato l’immagine del peso del corpo di Cristo, e quindi della sua carnalità. E poi è straordinario che il peso del corpo, quel senso di fatica titanica, siano in realtà sinonimo di un miracolo, di una vita che ritorna. Quale speranza più grande per tutti noi, dell’immagine di una vita che risorge, non in un atto di leggerezza, ma proprio attraverso la fatica?

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