Duomo figlio di Puttana

La forza di questo libro sta nel suo essere fuori regola. Non si tratta, infatti, di una guida del Duomo, non è un saggio di storia dell’arte, né un romanzo storico. È il frutto delle ricerche di una laureata dell’Università Bocconi di Milano – il gotha dell’educazione economica in Italia – che ha voluto entrare nella storia del Duomo di Milano, partendo dai libri dei conti. Dai danè, insomma, dimostrando uno spirito, non saprei se innato o acquisito, squisitamente lombardo. Dai Registri delle Oblazioni, uno sterminato elenco di piccoli appunti, indecifrabili ai più, Martina Saltamacchia ha saputo portare alla luce la storia di una città che erige la propria Cattedrale, soldo dopo soldo. Nasce così un volume ben lontano da un arido elenco di cifre, o da un trattato di sociologia statistica. Quello delle donazioni al Duomo fu in effetti uno straordinario afflusso di denaro, e piccoli o grandi beni, che già da soli danno l’idea della varietà e creatività concreta di un popolo che si muove. Arrivarono infatti negli anni, come ricorda l’autrice: «il fiorino d’oro, come la monetina di rame, l’anello di diamanti come il bottone in madreperla, la botte di vino come il sacco di biada, la tovaglia ricamata come il drappo logoro. Ogni dono trovava poi prontamente il suo utilizzo nel cantiere (calce, ferro, utensili,…), nella chiesa (paramenti sacri, arazzi e cere), tra gli operai (pane e vino) o, ancora, veniva trasformato in denaro tramite vendita all’incanto, una pubblica asta organizzata ogni giorno presso il palazzo comune nella piazza adiacente al cantiere». Donazioni che permisero alla Fabbrica di poter contare su un sostegno costante lungo i suoi sei cento anni di lavori, un introito ben più significativo delle pur generose donazioni di Gian Galeazzo Visconti che il Duomo aveva voluto (1386) e, nei primi anni, sostento.

Quello che emerge dai registri e dagli annali della Fabbrica è uno straordinario inno alla vita, nel quale una manciata di piccole storie, assunte a rappresentanza delle migliaia che nessuno conoscerà mai, segnano pagine tra le più straordinarie nella storia della Chiesa e della città. Storie che dovrà scoprire il lettore, come quella di Caterina di Abbiateguazzone, una vecchietta poverissima decisa a consumare i suoi ultimi anni di vita trasportando materiale da costruzione, nella gerla che portava sulle spalle, e che…

La ricchezza delle vicende semplici che racconta questo libro frusterà il lettore, costretto ad abbandonare qualche piccola e tiepida certezza borghese. Quello a cui si assiste è, a mio avviso, un vero ribaltamento: la lunghissima durata della costruzione della Cattedrale milanese, che ha reso il termine “Fabbrica del Dom” si nonimo di un’impresa infinita, è stata in realtà la vera fortuna di Milano. Crebbe così una città che, mentre sviluppava i suoi traffici, le sue dominazioni, le sue vittorie e sconfitte, ha sempre dovuto fare i conti con un centro che dava e chiedeva tutto, un cuore pulsante che ad ogni contrazione e rilascio muscolare riceveva risorse dal suo popolo e restituiva ad esso la cosa più importante: un punto chiaro a cui guardare, un’opera che era di tutti, luogo di appartenenza che aveva la stessa importanza per il disperato e per il ricchissimo mercante. Un punto certo che non ha smesso di mendicare l’attenzione di ognuno, educandolo al dono come prassi naturale della vita, e come espressione della grandezza di una città: nacque così “Milan col coeur in man”. Questo polmone pulsante nel cuore di Milano diede ossigeno al corpo della città, dove le storie di ognuno, tutte diverse tra loro, convergevano in un unico punto chiaro di possesso della propria cattedrale. La Chiesa trionfava così nello splendore di quel perdono impossibile all’uomo, quello che non fa mai i conti in tasca alla virtù, disegnando lo spazio in cui riconoscere quel centro mendicato e mendicante era già l’inizio della Salvezza. Così, le prostitute, terminato il loro giro notturno, deponevano una parte del ricavato sull’altare. Lì, dove un lume era sempre acceso.

Il volume

Le novità emerse sul Duomo sono pubblicate nel volume di Martina Saltamacchia: “Milano, un popolo e il suo Duomo”. Storie di uomini che costruirono la cattedrale.

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