Vittorio Sgarbi e la Pittura italiana

Lo slogan con il quale è stata promossa questa mostra era senz’altro accattivante: “Quello che alla Biennale non vedrete”, ossia la pittura italiana: da parecchi anni messa ai margini nelle grandi esposizioni collettive, non solo italiane, da installazioni, videoarte e happening. Una sorta di presentazione dell’“altra arte”, a questa contrapponibile e contrapposta, che meriterebbe una pari attenzione di pubblico, critica e mercato. Il tema non è certo nuovo e la vera o presunta crisi della pittura di fronte ad altri linguaggi espressivi, è argomento di dibattiti sempre più salottieri che interessanti. Se, alla fine degli anni Settanta, non mancavano i profeti della morte della pittura, la realtà dimostrò presto che non sarebbe mai morta, così come la tv non avrebbe ucciso la carta stampata e internet non avrebbe fatto chiudere l’industria del libro. La banale considerazione che la maggior parte dei collezionisti ha una casa con delle pareti e che, non potendo riempirle di plasma, avrà sempre bisogno di quadri per arredarla, basta d’altronde a chiudere l’ozioso dibattito.Il tema interessante è semmai un altro. La pittura è ancora un linguaggio moderno, rispetto all’innegabile potenza espressiva degli altri mezzi? Io credo che la risposta sia sì, e che dimostrarlo con una mostra sia un’impresa difficilissima, possibile solo al termine di grandi studi, tentativi, infiniti ripensamenti, qualche follia e una molto, molto oculata selezione. La scelta della mostra a Palazzo Reale è stata un’altra. Come spesso avviene per il vulcanico Sgarbi, il tentativo è interessante ma l’esito debole. La vastità del tema affrontato avrebbe concentrato l’attenzione di qualsiasi curatore sulle mille possibili scelte esclusive o inclusive. Sgarbi dichiara apertamente di non aver voluto selezionare con criteri di fortuna o notorietà dell’artista e si dimostra oltremodo bulimico: in mostra approdano più di duecento artisti, rappresentati da un’unica opera. La stessa disposizione dei dipinti, pur seguendo il sacrosanto ordine cronologico di una suddivisione per decenni, dà l’idea di una corsa all’accaparramento delle pareti libere, come se gli artisti, scattati allo sparo della pistola, avessero sgomitato per l’ultimo centimetro libero. L’effetto è quello di stordire lo spettatore che, spaesato, cercherà per rassicurarsi qualche nome che già conosce, lasciandosi difficilmente colpire da qualche opera e annoiare dalla maggior parte. Sappiamo bene che l’istrionico Sgarbi, come tutti i creativi, ha bisogno di un curatore tradizionale, che ne declini le idee in un concerto coerente e curato nel dettaglio e certamente la morte improvvisa del curatore Maurizio Sciaccaluga, a pochi giorni dall’inaugurazione, ha avuto il suo peso. A noi nostalgici delle mostre in cui le opere vengono scelte con cura ad una ad una per il significato che hanno e per il raccordo con quelle che le precedono e seguono, a noi che crediamo che ogni sala della mostra debba essere curata nelle visioni complessive che crea e negli squarci che apre nella memoria e visione, a noi che crediamo che una mostra sia un gesto artistico e non una fiera d’arte contemporanea, a noi che questa stessa pittura amiamo e difendiamo… diciamolo, spiace un po’ per l’occasione mancata, l’ennesima.

Una visita, comunque, la consigliamo a giovani e attempati; varrà senz’altro la pena di farla, perché il campiona rio è ricco, non mancano i pezzi straordinari, ci sono tutti i giovani pittori emergenti, molti grandi classici e qualche nome a sorpresa. Un buon atlante visivo per ripartire con le ricerche. Imperdibile anche il catalogo: non essendoci corrispondenza tra le opere esposte in mostra e quelle riprodotte, potrete portarvi a casa un’altra mostra, la mostra che non c’era: e ditemi se non è vera avanguardia questa?!

“Arte italiana 1968-2007. Pittura”, Milano, Palazzo Reale, fino all’11 novembre. Catalogo Skira.

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