Intervista a Padre Lepori pittore. Il desiderio di un volto che c’è

Padre Lepori, abate del monastero cistercense di Hauterive, vicino a Friburgo. Mauro Giuseppe Lepori, pittore, autore degli acquerelli esposti a Lugano. La stessa persona. Gli abbiamo fatto qualche domanda sulla sua attività di pittore e la naturalezza con cui l’abate risponde alle nostre domande esprime la pace di colui che affronta con certezza la sua vita, con la tranquillità di dover rispondere a un solo Principale, infinitamente buono e disinteressato alle nostre gerarchie tra le occupazioni, tanto da lasciarlo libero di passare con naturalezza dal breviario al pennello. Per partecipare di questa pace è sufficiente guardare i suoi acquerelli: miracolo di sintesi, in cui la gloria, per splendere, non ha bisogno di nascondere la vibrazione del dramma umano.

Come ha iniziato a dipingere?

Ho iniziato quasi per caso dieci anni fa, durante alcuni giorni di vacanza trascorsi in un’alpe che abbiamo in montagna; ero in compagnia di alcuni fratelli e di uno, in particolare, che già dipingeva acquerelli; ho cominciato anch’io ed è una cosa che è rimasta. All’inizio erano opere molto naïf o decisamente brutte, malfatte, dopo adagio adagio… Poi l’incontro con il pittore Erminio Poretti che mi ha aiutato a migliorare, insegnandomi alcuni aspetti tecnici dell’acquerello, ma anche a essere più consapevole di come si guarda un’opera d’arte, a guardare le opere degli altri, dei grandi artisti del passato… Ed è come se si sia risvegliata una sensibilità.

Con tutti gli impegni che ha un abate, quando trova il tempo per dipingere?

Soprattutto quando ritorno all’alpe, dove ho un po’ più di tempo, ma il vantaggio dell’acquerello è che non ha bisogno di grandi preparazioni e non ha tempi di esecuzione troppo lunghi, anzi richiede una certa velocità, è una tecnica che non si deve curare troppo…

In effetti dal risultato dimostra un segno molto sicuro, “Buona la prima” si direbbe nel cinema.

Sì nel tempo la tecnica viene, ma ci sono anche tanti scarti che nessuno vede… Dipingere mi fa bene anche tra un impegno e l’altro, anche solo 10 minuti e, a volte, sono veri e propri momenti di meditazione, di ricerca.

Dipingere è un metodo di conoscenza, utile per indagare la realtà che si rappresenta; il soggetto dei suoi acquerelli sono esclusivamente sacri, legati alla vita di Gesù. La domanda è semplice: come è cresciuta la sua conoscenza di Cristo, dei fatti della vita di Cristo, dipingendo?

In un gruppo di lavori c’è un monaco, un personaggio in preghiera o di fronte al Mistero, di fronte alla realtà rappresentata da questo sfondo che cambia sempre o che è squarciato. Questi acquerelli mi aiutano ad essere un po’ più sensibile al desiderio che c’è nel cuore dell’uomo e vorrebbero esprimere anche il desiderio di Dio che c’è nel cuore, com’è l’uomo di fronte al Mistero, di fronte all’infinito. Conoscere questo è già un approfondire la conoscenza di Cristo perché vuol dire approfondire il desiderio della risposta che deve venire, quei personaggi attendono di vedere il volto di Gesù Cristo. Una seconda serie rappresenta il Volto di Cristo in quanto tale… C’è stato un periodo in cui ne ho fatti molti, poi, a un certo punto, arrivato a uno che era particolarmente espressivo, non sono più riuscito ad andare oltre, se non raramente: è come il punto più sacro, talmente delicato… È come una scoperta, è come vedere apparire questo Volto. È un Ecce Homo che ha arrestato la serie perché ho detto: “Va bene adesso basta, ci siamo”. Poi ci sono gli acquerelli della Natività, in cui ci sono questi due elementi uniti: Maria e Giuseppe di fronte a Gesù che è il Mistero, il volto di Cristo è presente nel Bambino, anche se non riesco mai a rappresentarlo più di tanto… È più che altro una luce. Negli acquerelli dell’Annunciazione è la Madonna ad incarnare il desiderio compiuto dell’essere umano a cui la risposta arriva.

E ciò avviene su uno sfondo rettangolare troppo piccolo, da cui escono le ali dell’angelo e anche la stessa Maria…

Il rettangolo rappresenta sempre la realtà palpabile di fronte alla quale noi siamo, nella quale ci troviamo, per cui non ci può mai contenere: non contiene sicuramente mai totalmente il divino, ma neanche l’uomo è totalmente definito da questa realtà. Però l’uomo si confronta con quella realtà ed è di fronte ad essa che sente il desiderio di superarla, non so se mi spiego… In alcuni la realtà, questo rettangolo, è squarciato da una croce, perché la realtà ha sempre dentro una ferita ed è anche grazie a lei che si può attraversare la realtà, e attraverso di lei spesso arriva la risposta al desiderio dell’uomo… Ecco quello che posso dire, a posteriori, su ciò che dipingo.

Che augurio farebbe ai nostri lettori per questo Natale?

Che s’imponga, nel cuore delle persone, il desiderio di quel Volto che è apparso, che è apparso ed è presente, ed è apparso nella notte, “Il nostro sguardo cerca un volto nella notte…” Ma perché si veda questo Volto occorre che il desiderio sia presente, che la libertà lo desideri e che lo incontri. È questo l’augurio: che il desiderio, dal profondo del cuore di ognuno, incontri quel Volto che c’è, che è apparso, che è lì.

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