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Lorenzo Lotto una bara e il Natale

Il quadro con il quale vi auguriamo Buon Natale è una splendida tela conservata al Museum of Fine Arts di Boston, ed esposto qualche anno fa nell’indimenticabile mostra monografica di Bergamo. Il suo autore, il bergamasco Lorenzo Lotto, è senza dubbio uno dei pittori più grandi del Rinascimento e la qualità di ogni singolo dettaglio del dipinto è lì a dimostrare una bravura che non teme confronti con Raffaello, Correggio o Leonardo, per citare tre pittori che lo hanno influenzato. Il quadro va letto da destra verso sinistra: San Nicola da Tolentino, scolpito a tocchi ocra fino ad assumere la consistenza di un dolce biscotto, guarda con attesa commossa Gesù Bambino posto al centro; dalla luce nascosta tra le sue mani, simbolo iconografico che contraddistingue l’agostiniano, parte uno splendido giglio che incornicia il Bimbo, sospingendolo verso sua Madre.

Il pingue Bambino ha capelli fonati di fresco, abbastanza vaporosi da liberare raggi luminosi che disegnano una croce. Ed eccoci al punto: la Croce. Ciò che fa ritrarre il Bambino non è, infatti, l’attenzione di San Nicola, ma il destino che, fin da questi primi momenti di intimità, sa di dover portare. Non può certo sfuggirne, è venuto per questo, e allora fa quello che fa ogni bambino: si stringe alla madre e affronta la vita. Oltre a Maria, alla sua destra, il quadro si completa nel suo significato. Tornano i raggi luminosi, ora collocati al proprio posto, sulla croce che stringe un San Gerolamo sprofondato nella soffice barba, intento a stillare una lucente lacrima, impegnato a farsi carico della partecipazione di ognuno alla Croce di Cristo. In alto, una bellissima tenda smeraldo si apre su un paesaggio prealpino e qualche viandante si accinge ad aggirare lo spuntone roccioso, forse diretto alla rocca circolare visibile in alto, più in là.

Ma c’è un ultimo dettaglio. Il piede sinistro di Gesù su cosa poggia? Sì, avete visto bene: è una piccola bara. Nella sua inquietudine e straordinaria partecipazione umana, che lo porterà a concludere la propria vita come oblato della Santa Casa di Loreto, Lotto centra il punto del Natale: il miracolo di una nascita che non teme di fare i conti con la morte. E per gridarci che questa non è una nascita come le altre, ci sbatte in faccia con un segno fastidioso ed inequivocabile. È un segno di una modernità e libertà impressionanti, di una potenza pari, che so, ad un teschio di platino e diamanti. Ma è anche un’immagine che non posso non associare allo sconcertante passo della lettera paolina ai Filippesi, di cui questo quadro sembra una versione illustrata. I due Santi altro non fanno che avere in loro «gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, [e qui arriva lo sconcerto del Natale] pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso [alla nascita e in croce], assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini [come in questo stringersi alla madre]; apparso in forma umana, [qui umanissima! diremmo] umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte [la cassa] e alla morte di croce [in mano a San Gerolamo]».

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