Cerano a Natale

Quest’opera è una cosa da niente, un punto quasi trascurabile nella produzione artistica mondiale, un piccolo olio, su un pezzetto di rame poco più grande di come lo vedete in pagina, eppure… La scena è descritta con una semplice e insieme grandiosa intimità: la protagonista è lei, Maria, e tutta la tenerezza di Raffaello non ci ha mai permesso di avvertire, con la sicurezza che ci dà quest’opera di Cerano, che lei non era che una ragazzina. Quel viso di latte, quegli occhi in punta di corvino… una bambina, o poco più, chiamata a portare un peso più grande di lei. Ma ciò che avvince in questo dipinto è la capacità di fondere quest’intimità, questa debolezza, con un di più di maestà. Grazie all’ampio vestito che incornicia Gesù di colori, Maria s’impone protagonista del dipinto… Un’umiltà grandiosa, la sua, che occupa quasi tutto lo spazio e ne prende possesso, misurandone il confine, spingendo in avanti il piede.

La memoria non può che andare ad una diversissima Vergine dell’Annunciata di Antonello, anche lei intenta a misurare, con la mano, lo spazio della sua piramide compositiva. Ma a dirci che questa è un’altra storia basterebbe quel piede che, se non potremmo osar dire sporco, non ci è permesso immaginare immacolato… Uno spazio che ha il suo fulcro generatore nello sguardo tra Maria e Gesù, centro non solo prospettico del dipinto. Uno sguardo da cui partono gli altri sguardi: quello contemplativo e rassicurante di Giuseppe, quello dell’asino che si china di fronte al Creatore, quello della natura, che sembra placarsi per guardare e perfino lo sguardo delle cose: di quegli attrezzi delle fatiche umane, che riposano, deposti a terra. Tutto ruota intorno a quella scintilla scoccata tra Lui e Lei: la mano di Gesù, mollemente appoggiata sulle labbra, non riesce a ingannarci: dietro quelle guance sappiamo celarsi il primo dei molti sguardi indagatori di Gesù, il primo di quegli sguardi che avrebbe cambiato il mondo, il nostro mondo. È il suo corpo a parlarci dei suoi occhi: un piccolo corpo, ma che sembra scapparle dalle mani, obbligando Maria ad avvinghiarlo con il suo braccio sinistro per trattenerne il contorcimento, bloccarne lo scatto, obbligandolo a fissarla negli occhi, quasi a dire, per la prima volta: “Lasciami andare, la mia strada è un’altra”. E cosa poteva dirle quella ragazza dal viso di latte che, appena pochi giorni prima, lo aveva fatto nascere? Forse, come noi, gli avrà posto la domanda del Natale, la domanda della vita: “Ma chi sei Tu, che mi guardi così?”.

Giovan Battista Crespi, detto il Cerano (Romagnano Sesia, 1573 – Milano, 1632), “Riposo nella fuga in Egitto”, circa 1592-1595, olio su rame, 23,4 × 19,7 cm, Oxford, The Ashmolean Museum of Art and Archaeology. Opera recentemente esposta nella mostra dedicata a Camillo Procaccini (Rancate, Pinacoteca Züst, cfr. GdP del 20 ottobre). 

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