Andrea Mastrovito, I am not legend
LA MOSTRA Io Non Sono Leggenda Un progetto di Casa Testori La personale Io Non Sono Leggenda intende contestualizzare, presso la sede di Palazzo Fabroni, il lancio del film all’interno di un percorso che possa essere una fotografia della ricerca che Andrea Mastrovito ha condotto negli ultimi anni, intorno alla figura dell’antieroe. La mostra occupa tutte le stanze del museo adibite alle mostre temporanee, per ripercorrere, non solo la genesi dell’opera donata al museo – tavole originali, fonti d’ispirazione e processo creativo – ma anche alcuni dei passaggi più significativi degli ultimi anni dell’artista: dal film precedente, NYsferatu, completamente affidato alla tecnica del disegno; agli intarsi, lavori allegorici che hanno avuto grande successo a Lione in occasione della Biennale; alle vetrate, disegni su composizioni colorate di righelli, fino ai libri ritagliati e ai collage. L’OPERA I Am Not Legend è un film di Andrea Mastrovito della durata di 1h12’. Il lavoro è stato realizzato stampando in dimensione A4 tutti i fotogrammi de Night of the Living Dead (1968) di George Romero e intervenendo su ogni foglio con la pittura bianca al fine di cancellare la presenza degli zombie dal film originale. Ottenute oltre 100.000 tavole, sono state in seguito digitalizzate e rimontate seguendo la nuova sceneggiatura creata dall’artista che ha utilizzato migliaia di citazioni tratte da un centinaio di celebri film, romanzi e canzoni. A completare l’opera, la colonna sonora originale è realizzata da Matthew Nolan e Stephen Shannon, con il contributo per le musiche di apertura e chiusura di Maurizio Guarini, autore, insieme ai Goblin, delle musiche originali dei film Profondo Rosso (1975), Suspiria (1977) e L’Alba dei Morti Viventi (1978). Progetto realizzato grazie al sostegno dell’Italian Council (6. Edizione, 2019), programma di promozione di arte contemporanea italiana nel mondo della Direzione Generale Creatività Contemporanea per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo.
TECNICHE PER UN’APPROPIAZIONE INDEBITA di Davide Dall’Ombra Porsi la domanda di come s’inserisca I Am Not Legend nella produzione di Andrea Mastrovito non può indurre unicamente ad esplicitare il legame naturale di questo secondo film con il primo, NYsferatu, né potrebbe portare a una risposta soddisfacente lo spoilerare quanti più dettagli possibile del prossimo film, con il quale l’artista vorrebbe chiudere una trilogia. Mettere nella giusta prospettiva quest’opera significa tener presente che poetica e forza di pensiero dell’artista lo spingono da sempre non tanto a una generica bulimia creativa – che pur c’è –, ma a una precipua versatilità di mezzi, frutto di una voracità inclusiva verso la realtà tutta, in una concezione del mondo come sostanza utile alla propria espressività, da piegare e inglobare in essa. Nel tritacarne di Mastrovito non c’è materiale e manufatto umano che non sarà prima o poi assorbito nella sua opera. In questo procedere, il disegno è ben più che un tratto distintivo, una firma dell’artista, è il gesto primo di questa indelebile appropriazione della materia ed è destinato a dilatarsi su ogni superfice con cui entrerà in contatto. La sua azione ricorda il gesto un po’ triviale del bambino che per dire: “mio”, o meglio, per non condividere neanche una parte di un cibo succulento, lo lecca sfrontatamente in più punti, generando la repulsione dell’amico che ne avrebbe potuto chiedere un pezzo. Al di là dell’immagine un po’ animalesca – connotato imprescindibile, ad ogni buon conto, nell’espressività di Mastrovito quanto lo sono dramma e grazia – questa necessità di appropriazione del reale, trova nella ricerca continua di tecniche e supporti inaspettati un tentativo di risposta che ha, come conseguenza, l’includerli in un processo narrativo, concettuale ed estetico, nobilitandoli. È una consuetudine alla riappropriazione, che, naturalmente, poggia i piedi sulla liberazione delle materie dell’arte avvenuta nel Novecento. È in questa chiave che la tecnica messa in campo per la realizzazione dei due film assume un ruolo primario. Il processo di inclusione della realtà, trovandosi di fronte a qualcosa di apparentemente immateriale come un film, ha dovuto trasformarlo in qualcosa di tangibile, i frame, su cui intervenire con il disegno, appunto. L’appropriazione, il fagocitare, triturare ed espellere, esperito in ciò che l’artista incontra nel presente o, senza distinzioni gerarchiche, nel ricordo della propria formazione, ha voluto dire comprendere le pellicole originali in un violento gesto d’amore, tratto distintivo di tutta l’opera dell’artista. Una mostra Si è partiti da qui nel dar vita alla mostra che illustra queste pagine, allestita al pistoiese Museo del Novecento e del Contemporaneo di Palazzo Fabroni, intorno all’ultimo trimestre del 2020, nel momento in cui l’opera I Am Not Legend veniva donata al Museo, aggiudicandosi una prossima collocazione in una stanza dedicata del percorso espositivo, nella collezione permanente. L’opera, presentata al primo piano nel grande salone centrale, è entrata in stretto rapporto con Scultura d’ombra, l’intervento alle pareti di Claudio Parmiggiani (2007), grazie alla decisione di proiettare il film su un’imponente parete di libri costruita ad hoc. L’intervento permanente di Parmiggiani è uno dei suoi celebri calchi di libreria, realizzato con il fumo, che dei libri lascia solo un’impronta bianca: un’enorme lastra radiografica a polarità invertite che trova, nell’opera di Mastrovito, un ulteriore ribaltamento, visto che i libri sono qui preponderatamente presenti, seppur piegati alla dittatura dell’allineamento indistinto e anonimo. Anche qui le copertine sono celate, ma l’impressione è che non ne sia diminuita la presenza, la forza dirompente, esattamente come avviene per gli zombie nel film, cancellati ma feroci, che, non a caso, nel loro incedere bianco splendente, quando appaiono nella proiezione, concedono alla superficie di libri la più lirica delle visibilità. All’intangibilità evanescente e indistinta della parete di Parmiggiani si contrappone la presenza stimabile in quintali della parete di Mastrovito, ove l’inclusione di alcuni cataloghi delle celebri mostre realizzate al Museo di Palazzo Fabroni, nei suoi trent’anni di storia, ripropone la dicotomia cara all’artista, tra omaggio e appropriazione indebita. La grande stanza Mastrovito-Parmiggiani occupa due livelli di Palazzo Fabroni, dividendo il secondo piano in due ali, collegate tra loro da una passerella che offre un’irripetibile visione dall’alto del film proiettato e del dialogo che instaura con l’ambiente. È così che, saliti sullo scalone trapuntato dal grigio della pietra serena, si accede allo spazio dedicato alle mostre temporanee. Seguendo il tema dell’appropriazione continua del reale, a Pistoia si è approntato un percorso che non aveva la pretesa di esaurire il catalogo dei temi, delle tecniche e dei supporti mastrovitiani, ma si poneva come occasione per rintracciare elementi comuni nella molteplicità. Attraverso la presentazione di sei opere scalate dal 2006 al 2020, si è cercato di fornire elementi di comprensione della linea interna del suo procedere, mettendoli contestualmente sotto verifica, attraverso sei tecniche diverse, comparse, una dopo l’altra in questo torno d’anni, sulla tavolozza di Mastrovito. Opere in mostra:
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